Piero Manzoni
Presentare, oggi , un 'importante mostra di Piero Manzoni, a dieci anni dalla sua morte è più arduo di quanto non fosse alcuni anni or sono, quando ancora la figura dell'artista non era stata avvolta da quell'aura mitica che, da un lato, ne ha permesso finalmente una più vasta notorietà, ma che come avviene sempre per ogni evento mitopoietico, rischia talvolta di farne smarrire le giuste dimensioni accumulando la superfetazione di idee presunte o distorte che lo stesso Manzoni, ancora in vita, non avrebbe probabilmente nè accettato nè gradito. Per quello che mi riguarda debbo premettere che - se non posso vantare il merito d'esser stato uno degli scopritori dell'artista ( di solito i critici vanno a caccia di scoperte, anche se queste poi si dimostrano precarie o inconsistenti) - nemmeno posso incolparmi per non averne identificato a suo tempo l'importanza:conobbi e stimai Manzoni sin dagli anni di "Azymuth", e delle sue prime mostre al Prisma, da Peter, alla Galleria di Azymuth, durante il suo sodalizio Castellani e Bonalumi, e già allora rimasi fortemente colpito dalla straordinaria originalità dei suoi modi della sua sicurezza nell'impostare e propugnare nuove invenzioni artistiche, per tanti versi eterodosse e, a quei tempi, osteggiate dai più. Oggi che il nome Piero Manzoni è stato non solo accettato, ma fagocitato, dalle più recenti correnti artistiche, accade spesso che della sua opera si dimentichino i pregio plastico- pittorici, o diciamo meglio estetico-visuali, per sottolineare solo gli aspetti blasfematori e concettualizzanti.
Questo spiega anche le polemiche assurde e le accanite accuse, nonchè le altrettanto accanite difese, rivolte per esempio alla ormai famosa " Merde d'Artiste" ; mentre quest'opera non costituisce che una delle tante "trovate" di Manzoni, e neppure la più importante o originale. Forse, come trovate ( e non solo in questo senso! ), sono più autentiche e meditate le sue "Linee" del 59' - 61', oppure i contenitori d'aria del 60', la Base del Mondo del 61', le ova firmate con l'impronta del pollice, ecc...: ossia tutte quelle opere che hanno dato il massimo peso alla messa in atto d'una situazione ideale e risolta,d'un azione compiuta, d'un gesto denunciatore , al dì là da ogni pretesa estetizzazione delle stesse. E tanto più quelle come il "Fiato d'artista", o L'impronta che sanciscono la sua valutazione del gesto autopresentativo rivolto alla valorizzazione di materiali an-estetici. Come constata del resto anche Germano Celant, nel suo profilo dell'artista: "Dopo la lapidarietà estetica dell'achrome , e la lapidarità temporale e concettuale delle linee e delle carte geografiche, Manzoni offre la lapidarietà del proprio essere come corpo, che emette tracce biologiche e visuali. Il fiato d'artista significa la coscienza di essere nella realtà e di essere realtà.
Estratto del testo di Gillo Dorfles; Tratto dal catalogo :Piero Manzoni-Ed De' Foscherari 1974