• UPCOMING
  • EXHIBITIONS
  • Artists
  • Archive
  • about
  • PUBLICATIONS
  • News
  • Contact
  • Search
Menu

Galleria de' Foscherari

via Castiglione, 2b
Bologna
+39 051 221308
Galleria de' Foscherari
 

Galleria de' Foscherari

  • UPCOMING
  • EXHIBITIONS
  • Artists
    • PIER PAOLO CALZOLARI
    • MARIO CEROLI
    • CLAIRE FONTAINE
    • MARCELLO JORI
    • LUIGI GHIRRI
    • SOPHIE KO
    • LUIGI MAINOLFI
    • PIERO MANAI
    • EVA MARISALDI
    • MARIA MORGANTI
    • LILIANA MORO
    • HERMANN NITSCH
    • NUNZIO
    • CLAUDIO PARMIGGIANI
    • GIANNI PIACENTINO
    • GERMANO SARTELLI
    • VEDOVAMAZZEI
    • GILBERTO ZORIO
    • SOPHIE KO
  • Archive
    • ARTE POVERA, 1968
    • 8 PITTORI ROMANI, 1967
    • DOMENICO GNOLI, 1967
    • GHENOS EROS THANATOS, 1974
  • about
  • PUBLICATIONS
  • News
  • Contact
  • Search

LUNGO GLI ANNI...CONCETTO POZZATI ALLA DE FOSCHERARI

December 12, 2018 de'Foscherari
Concetto Pozzati 1963  de foscherari .jpeg

1 DICEMBRE 2018 - 12 GENNAIO 2019

Era l’anno 1963 quando Concetto Pozzati presentò per la prima volta una propria opera alla Galleria de’ Foscherari: un dipinto di vaste dimensioni intitolato Grande spettacolo ortogonale,eseguito “in diretta”nello spazio della galleria, nel tempo di tre giorni e tre notti, a fianco di altri due artisti, Pirro Cuniberti e Luciano De Vita, impegnati, in una totale comunione di intenti, nella medesima sfida: lavorare fianco a fianco, come in un antico cantiere, ad un’opera ad un tempo personale e collettiva.

A quella mostra, alla de’ Foscherari fece seguito, l’anno successivo, la prima personale dell’artista e fu l’inizio di un sodalizio destinato a durare più di cinquant’anni, fino al giorno della scomparsa del pittore, in un rapporto che vide saldarsi indissolubilmente nel tempo: comunanza di visioni, partecipazione di passioni, fedeltà di impegno. Un rapporto che potrebbe dirsi quasi quotidiano, fatto di mille incontri, di fecondi confronti di idee, di fruttuosi scambi di notizie, di operosa tessitura di molteplici e rinnovate relazioni intellettuali .

Nell’arco di mezzo secolo, dal 1964 al 2014, sedici furono le mostre di Pozzati alla de’ Foscherari e ad esse una nuova avrebbe dovuto aggiungersi quest’anno, se la scomparsa dell’artista non lo avesse impedito.

Così, con l’intenzione di riparare per quanto possibile a quel vuoto, per ricordare l’amico, per ripercorrere la memoria di un così profondo e probabilmente irripetibile sodalizio, la Galleria presenta oggi questa esposizione che raccoglie e ordina una sfaccettata antologia dell’arte di Pozzati, attingendo, dal serbatoio delle opere presentate negli anni alla de’ Foscherari, un dipinto per ciascuna delle 16 mostre che vi si sono tenute. Sedici opere dunque, più una: una tela inedita, estratta dal gruppo di quadri che Pozzati andava eseguendo nell’ultima stagione della sua esperienza di pittore, con il proposito di presentarli nell’occasione della sua prossima mostra, dipinti ispirati alla “figura” della Vulva, un “motivo” denso di significato e di toccante potere evocativo, collocato, come si è ritenuto dovesse essere in questa circostanza, in apertura della rassegna.

E’ un omaggio che è gradito inaugurare il primo dicembre, nell’anniversario della nascita dell’artista e in concomitanza con due eventi profondamente significativi: l’apertura alle ore 12 presso la Biblioteca Emeroteca del MAMBO della sala dedicata alla raccolta di circa 4000 volumi della biblioteca di Pozzati, donata da Maura e Jacopo, figli dell’artista; l’incontro con proiezione , alle ore 17, presso l’Aula Magna dell’Accademmia di Belle Arti di Bologna, dedicato alle parole magistrali e all’insegnamento del pittore.

concetto pozzati galleria de foscherari1.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari4.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari12.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari7.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari8.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari9.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari10.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari11.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari3.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari5.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari6.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari2.jpg
concetto pozzati galleria de foscherari1.jpg concetto pozzati galleria de foscherari4.jpg concetto pozzati galleria de foscherari12.jpg concetto pozzati galleria de foscherari7.jpg concetto pozzati galleria de foscherari8.jpg concetto pozzati galleria de foscherari9.jpg concetto pozzati galleria de foscherari10.jpg concetto pozzati galleria de foscherari.jpg concetto pozzati galleria de foscherari11.jpg concetto pozzati galleria de foscherari3.jpg concetto pozzati galleria de foscherari5.jpg concetto pozzati galleria de foscherari6.jpg concetto pozzati galleria de foscherari2.jpg

ALBARRAN CABRERA - L'INDISTRUTTIBILE

December 1, 2018 de'Foscherari
de foscherari albarran cabrera.jpg

Angel Albarrán (Barcellona, 1969) e Anna Cabrera (Siviglia, 1969), fotografi spagnoli di grande talento, espongono per la prima volta in Italia. Presente da diverse stagioni sulla scena principale della fotografia mondiale, il loro lavoro, con il passare degli anni, ha assunto sempre più un carattere pittorico in cui si fondono, in equilibrio perfetto, elementi della cultura fotografica giapponese e luci, colori e atmosfere della grande pittura spagnola. I risultati delle loro stampe sono sorprendenti per qualità e complessità. L’utilizzo di una foglia d’oro, posta sotto la carta su cui è impressionata l’immagine, rende la luce delle fotografie misteriosa e profonda, facendo riverberare sotto l’immagine uno spettro luminoso enigmatico. Tanto nelle fotografie a colori quanto in quelle in bianco e nero si ha l’impressione di assistere alla genesi di qualcosa di primordiale, al nascere stesso di un’immagine. Un’immagine che testimonia di una realtà più profonda, di un “indistruttibile” - secondo la definizione individuata, sulla scia di Kafka, dal curatore della mostra Federico Ferrari – in cui il mondo appare sotto un’altra luce, immobile e cangiante. Ed è proprio alla quête di questo fondo indistruttibile che l’effimero scatto fotografico si pone alla ricerca, cercando di darne testimonianza proprio là dove esso pare essere sempre sul punto di svanire.

Le quasi venti opere di questa mostra si configurano come un percorso capace di ricostruire l’eterogeneo e, allo stesso tempo, estremamente coerente percorso di Albarrán Cabrera nel corso degli ultimi anni, lasciando anche spazio ad alcune fotografie mai esposte prima d’ora. Accompagna la mostra un testo programmatico di Federico Ferrari dall’omonimo titolo “L’indistruttibile”.

NYX_#25 albarran cabrera de foscherari .jpg
NYX_#26 albarran cabrera de foscherari .jpg
NYX_#20 albarran cabrera de foscherari .jpg
NYX_#17 albarran cabrera de foscherari .jpg
NYX_#16 albarran cabrera de foscherari .jpg
Nyx_#12 albarran cabrera de foscherari .jpg
Nyx_#11albarran cabrera de foscherari.jpg
Nyx_#10 albarran cabrera de foscherari .jpg
Nyx_#9 albarran cabrera de foscherari.jpg
Nyx_#7 albarran cabrera de foscherari .jpg
Nyx_#5 albarran cabrera de foscherari .jpg
MOK_#60766 albarran cabrera de foscherari .jpg
MOK_#60764 albarran cabrera de foscheraro.jpg
MOK_#60763 albarran cabrera de foscherari .jpg
MOK_#603Albarran cabrera de foscherari .jpg
Albarran cabrera de foscherari MOK#34440.jpeg
albarran cabrera de foscherari#210.jpg
Albarran Cabrera de foscherari bologna.jpeg
albarran cabrera de foscherari #606.jpg
albarran cabrera de foscherari MOK_#60626.jpg
de foscherari albarran cabrera#194.jpg
albarran cabrera de foscherari #532.jpg
de foscherari albarran cabrera.jpg
Albarran cabrera de foscherar Mok #489 2.jpg
albarran cabrera de foscherari MOK #148.jpg
albarran cabrera de foscherari .jpg
Mok 536 albarran cabrera .jpg
Mok 274 Albarran cabrera de foscherari .jpg
NYX_#25 albarran cabrera de foscherari .jpg NYX_#26 albarran cabrera de foscherari .jpg NYX_#20 albarran cabrera de foscherari .jpg NYX_#17 albarran cabrera de foscherari .jpg NYX_#16 albarran cabrera de foscherari .jpg Nyx_#12 albarran cabrera de foscherari .jpg Nyx_#11albarran cabrera de foscherari.jpg Nyx_#10 albarran cabrera de foscherari .jpg Nyx_#9 albarran cabrera de foscherari.jpg Nyx_#7 albarran cabrera de foscherari .jpg Nyx_#5 albarran cabrera de foscherari .jpg MOK_#60766 albarran cabrera de foscherari .jpg MOK_#60764 albarran cabrera de foscheraro.jpg MOK_#60763 albarran cabrera de foscherari .jpg MOK_#603Albarran cabrera de foscherari .jpg Albarran cabrera de foscherari MOK#34440.jpeg albarran cabrera de foscherari#210.jpg Albarran Cabrera de foscherari bologna.jpeg albarran cabrera de foscherari #606.jpg albarran cabrera de foscherari MOK_#60626.jpg de foscherari albarran cabrera#194.jpg albarran cabrera de foscherari #532.jpg de foscherari albarran cabrera.jpg Albarran cabrera de foscherar Mok #489 2.jpg albarran cabrera de foscherari MOK #148.jpg albarran cabrera de foscherari .jpg Mok 536 albarran cabrera .jpg Mok 274 Albarran cabrera de foscherari .jpg

MARIO CEROLI - LA GRANDE OCCASIONE

June 8, 2018 de'Foscherari
ceroli de foscherari 4.jpg

MARIO CEROLI - LA GRANDE OCCASIONE - 7 GIUGNO -  3 OTTOBRE 2018

COLLOQUIO CON MARIO CEROLI

La grande occasione è il titolo che Mario Ceroli, durante un appassionato colloquio, ha proposto per questa sua personale, la decima allestita nella Galleria de’ Foscherari. Sono passati cinquant’anni dalla prima, la celebre Aria di Daria, realizzata in quell’anno memorabile che è stato il 1968, ma Ceroli ha mantenuti intatti il suo entusiasmo per l’operare artistico e la sua voglia di modificare il mondo. Parla, infatti, della sua grande occasione, a ottant’anni allegramente compiuti, di rileggere la straordinaria opera realizzata finora e continuarla in forme tanto affascinanti quanto inaspettate. Al vederle ci è balzata alla mente l’acutissima presentazione che dell’Aria di Daria fece l’indimenticabile Pietro Bonfiglioli, il quale, citando Nietzsche, definì il procedere dell’artista nell’esecuzione della sua opera una “gaia scienza”, cioè “l’arte di utilizzare un patrimonio di cultura individuale e sociale per modellare il mondo dell’uomo in armonia con i suoi istinti vitali; . . . un’arte orgogliosa, in lotta contro tutte le pulsioni di morte.” Ma torniamo alla nostra conversazione. Una grande occasione, ha aggiunto Pasquale Ribuffo, che era presente, anche per la Galleria, che può esibire alcune delle opere più significative fra quelle che l’artista ha recentemente realizzato con l’entusiasmo di sempre. Una grande occasione, voglio aggiungere io, per il pubblico e la critica che assistono in anteprima alla conclusione, provvisoria ovviamente, dell’attività di uno dei maggiori artisti italiani viventi.

A questo proposito, ricordo che la presentazione del catalogo con cui la de’ Foscherari ha accompagnato la mostra dedicata a Ceroli nel 2012 (Mario Ceroli 1962-1968) si concludeva chiedendo se l’artista dovesse ormai essere considerato alla stregua dei classici, oppure se la sua opera non si fosse ancora riconciliata con le Muse e mantenesse un potenziale innovatore tale da poter innescare inediti processi sperimentali. Ecco, allora, un’altra occasione, che mi auguro grande anch’essa, consistente nel tentare una risposta a quel quesito di fronte a questa esposizione, certamente innovativa tanto che, a prima vista, sembra segnare uno stacco netto rispetto al mondo sostituita da un suo equivalente in grezzo pino di Russia, con il quale finora, nel nostro immaginario, Ceroli si è in larga misura identificato.

ceroli de foscherari 5.jpg ceroli de foscherari 3.jpg ceroli de foscherari.jpg ceroli de foscherari 2.jpg ceroli de foscherari 1.jpg ceroli de foscherari 6.jpg

In realtà, se concentriamo la nostra attenzione sulle opere esposte, vediamo i fili sottili, ma estremamente resistenti, che le uniscono allo sterminato catalogo di sculture lignee raccolte nei principali musei e luoghi deputati di tutto il mondo. Non dobbiamo, infatti, fermarci al dato che più immediatamente ci colpisce e cioè che al posto dei volumi matericamente prorompenti scanditi dalle sculture abbiamo grandi superfici di tela segnate da pastelli a olio, ma seguire con sensibilità critica le evoluzioni delle matasse colorate per capire da dove vengono ed avere così la possibilità di intendere dove le condurrà il loro dipanarsi Proviamo ad osservare un’opera come Erotismo pompeiano (il rosso pompeiano è uno dei colori cari a Ceroli), ma anche Eco di un bacio e Io, la terra e la luna. Ecco che ci appaiono chiaramente, sulla scorta delle parentesi tonde e graffa, le analogie con le grandi lettere alfabetiche che l’artista tagliava nel legno fin dai suoi esordi. Può sembrare un’osservazione superficiale , ma non perdiamoci d’animo e passiamo a Onde gravitazionali oppure a La nuova coppia o, ancora, a Figura di donna, tutte ottenute manualmente impugnando i pastelli a mazzo. Risulta evidente che alla base del tutto c’è una sezione d’albero i cui cerchi concentrici subiscono torsioni e si avviluppano fino ad alludere a vere e proprie figure.

Ma se anche questa lettura non risulta convincente svelerò , tanto non è un segreto, che nella casa romana di Ceroli c’è un tavolo costituito dalla sezione di una sequoia millenaria. Ora sarà agevole vedere le linee della vita di quell’albero animate e colorate dall’artista che le ha fissate sulla tela per ricordarci che all’origine del suo operare c’è l’albero con la sua vitalità naturale. La lotta di Ceroli “contro tutte le pulsioni di morte” continua orgogliosa spostando il campo di battaglia sulla superficie, ma ricordando sempre da dove sgorga lo “ spirto guerrier”. Sappiamo bene che l’artista ha prodotto nel 1970 una delle sue opere più celebri, L’albero della vita, e sappiamo anche che l’albero non è soltanto un simbolo biblico, ma un ineludibile punto di riferimento in tutte le culture. Arrivati all’albero, alla radice prima dell’’attività di un artista che affronta la rilettura del suo passato con baldanza giovanile, lascio agli spettatori e agli storici dell’arte il compito di risalire fino alle grandi tele per svelarne il contenuto più profondo. Io aggiungo solo che credo di aver capito ciò che Ceroli intende più precisamente quando parla della sua grande occasione: andare con altri mezzi, all’apparenza più tradizionali, alla radice del suo operare per scoprire che essa è anche l’origine della vita.Siamo al punto sul quale si è concluso il nostro colloquio ed esattamente con l’asserzione dell’artista che la vita è la grande occasione offerta a tutti noi. Ora la questione si amplia, a mio vedere, fino a toccare la metafisica, terreno sul quale mi muovo con grande difficoltà. Posso dire però che “il falegname del mondo” continua, armato di pastelli, a lottare sulla tela Per la vita contro la morte, per citare un altro critico del moderno, l’americano Norman Brown.

Bologna, 1 giugno 2018

Vittorio Boarini

LILIANA MORO - UNDERFLOW

March 29, 2018 de'Foscherari
liliana moro de foscherari...jpg

LILIANA MORO “UNDERFLOW” - 24 MARZO -  30 MAGGIO 2018

La galleria de'Foscherari è lieta di annunciare la mostra di Liliana Moro dal titolo Underflow, che inaugurerà Sabato 24 Marzo alle ore 18. La mostra, la prima personale di Liliana Moro nella città di Bologna, presenta opere inedite realizzate con materiali e media diversi, che vivranno attraverso lo spazio, la presenza umana ed il continuo mutare delle condizioni esterne. Underflow (flusso sotterraneo) allude ad un pensiero che attraversa lo spazio, tra sabbia di fiume, acqua, terracotta forme e disegni. Si riferisce alla Terra, alla Natura, al nostro passaggio o meglio alla vibrazione del nostro passo che modifica la percezione dello spazio nel bene o nel male. Sabato 21 Aprile alle ore 18.00 avrà luogo, sempre presso la galleria de'Foscherari la performance "Buongiorno" realizzata in collaborazione con Live Arts Week ed inclusa nel programma del festival.

liliana moro de foscherari .jpg
liliana moro de foscherari..jpg
liliana moro de foscherari .jpg liliana moro de foscherari..jpg

VEDOVAMAZZEI - UNEXPECTED LANDSCAPES

February 1, 2018 de'Foscherari
vedovamazzei de foscherari.jpg

VEDOVAMAZZEI UNEXPECTED LANDSCAPES - 20 GENNAIO - 14 MARZO 2018 

Simeone Crispino e Stella Scala, meglio conosciuti come Vedovamazzei, vivono e lavorano a Milano. Artisti complessi, estremamente prolifici, che è impossibile inquadrare in un filone tematico, in una scia formale, in un unico metodo di lavoro. Il loro corpus di più di 900 opere testimonia di un lavoro continuo, sostenuto a volte da committenze straordinarie, ma anche quotidiano, di studio, scaturito dal confronto mai riposante tra le loro due menti. Le immagini che producono, dagli schizzi su carta alle installazioni gigantesche che hanno viaggiato per il mondo, hanno la forza di imprimersi nella retina dei fruitori molto più a fondo. Rifuggendo parimenti la purezza di forma e contenuto ma anche il puro scatto d’intelligenza, il ghigno tristo della trovata, i Vedovamazzei usano l’ironia in modo carnale, presentando i propri riflessi corporei, esponendo tutto il fuori misura che li contraddistingue, affrontando temi universali senza arretrare di un passo.

Per la mostra intitolata: ”Paesaggi inaspettati” , vedovamazzei utilizza una vasta gamma di media, tra cui scultura (Appliance#3), pittura (Floating human shit searching for the perfect storm in the mediterranean sea), e installazioni (Go-Do), affrontando un unico tema da tanti punti di vista. Esso si può definire un paesaggio politico con fraintendimenti letterali nel caso del neon, la traduzione di un fatto accaduto in un olio (The most visited place ever), e la creazione di una narrativa intorno ad un oggetto fallato, o il ritratto di un capriccio romantico e impossibile (Appliance picture). 

vedova mazzei de foscherari 1.jpg
vedovamazzei de foscherar 2.jpg
vedovamazzei de foscherari .jpg
1.jpg
6.jpg
5.jpg
vedovamazzei de foscherari.jpg
Trump wall cm 25x30.jpg
Casa rosada cm 25x30.JPG
Pablo escobar  30x25.JPG
de foscherari vedovamazzeiUnabomber cm 30x30.JPG
de foscherari vedovamazzei cm 30x25.JPG
de foscherari vedovamazzei Duvalier cm 30x40.JPG
vedova mazzei de foscherari 1.jpg vedovamazzei de foscherar 2.jpg vedovamazzei de foscherari .jpg 1.jpg 6.jpg 5.jpg vedovamazzei de foscherari.jpg Trump wall cm 25x30.jpg Casa rosada cm 25x30.JPG Pablo escobar  30x25.JPG de foscherari vedovamazzeiUnabomber cm 30x30.JPG de foscherari vedovamazzei cm 30x25.JPG de foscherari vedovamazzei Duvalier cm 30x40.JPG

EVA MARISALDI - SURROUND

January 22, 2018 de'Foscherari
Marisaldi 5.jpg

EVA MARISALDI SURROUND -  OPENING SABATO 14 OTTOBRE ORE 18.00 - DAL  14 OTTOBRE AL  10 GENNAIO 2018

La mostra personale di Eva Marisaldi riflette linee di pensiero parallele che si dipanano attraverso opere inedite realizzate con media diversi. 

Lo spazio della galleria ospita disegni, oggetti, suoni e immagini animate. 

L'animazione attraversa il lavoro di Marisaldi non solo nei video e negli storyboard, ma anche nelle forme immobili che fissano materiali effimeri e transitori. Processi di trasformazione e trasfigurazione costruiscono, nel tempo, nuove narrazioni.  

L' organizzazione dello spazio avviene per piani orizzontali - una serie di oggetti a terra, una scultura mobile in alto e una linea intermedia di disegni alle pareti -  in una giustapposizione temporale che rimanda alla densità di sollecitazioni a cui siamo costantemente esposti.

Basso - A terra saranno dislocati gli Spostati, scatole di cartone modificate con cartapesta, come fantasmi di oggetti “senza fissa dimora”. Cartone e cartapesta interessano l'artista perché materiali poveri e malleabili, usati per feste e sculture effimere: ”E’ un materiale alla mia portata. Gli scatoloni sono la schiuma della merce, parlano, suggeriscono. " Da alcune scatole filtrano suoni sommessi e insistenti, "una specie di toc toc toclegnoso e ripetuto che ho avuto modo di ascoltare di persona e mi è rimasto dentro 'a lavorare' per parecchi anni." 

Intermedio - Quattro serie di disegni, disposti su una linea alla stessa altezza che "gira" attorno alle sale, presentano immagini di laghi (tratti da Il Coltello nell'acqua), paesaggi di carta, uccelli, persone e mezzi sovraccarichi di oggetti ingombranti e coreografici.

Alto - Una scultura mobile attraversa il soffitto della galleria: un'onda che si propaga rimbalzando nello spazio, una lunga lisca in movimento che ricorda il volo degli uccelli di una cronofotografia. L'onda sisnoda sopra le nostre teste, avanti e indietro fino ad esaurirsi per poi ripartire. 

L’interazione di tutti questi livelli, spaziali e concettuali, filtra e trasforma frammenti e suggestioni del mondo in un grande disegno che ci circonda,

Durante il periodo di apertura della mostra è prevista una rassegna dedicata ai video dell’artista.

* “L’onda” e gli oggetti sono stati realizzati in stretta collaborazione con Enrico Serotti.

Un ringraziamento speciale a Giorgio Bedonni

Eva marisaldi galleria de foscherari 3 .jpg
eva marisaldi de foscherari 9.jpg
eva marisaldi de foscherari 6.jpg
eva marisaldi de foscherari 5.jpg
eva marisaldi de foscherari 4.jpg
Eva Marisaldi de foscherari 2.jpg
eva marisaldi de foscherari 7.jpg
eva marisaldi de foscherari 7 .jpg
eva marisaldi de foscherari 8.jpg
Eva marisaldi galleria de foscherari 1.jpg
Eva marisaldi galleria de foscherari 3 .jpg eva marisaldi de foscherari 9.jpg eva marisaldi de foscherari 6.jpg eva marisaldi de foscherari 5.jpg eva marisaldi de foscherari 4.jpg Eva Marisaldi de foscherari 2.jpg eva marisaldi de foscherari 7.jpg eva marisaldi de foscherari 7 .jpg eva marisaldi de foscherari 8.jpg Eva marisaldi galleria de foscherari 1.jpg

PROFANATION - GHENOS EROS THANATOS

March 7, 2017 de'Foscherari
GALLERIA DE FOSCHERARI CHIASERA.jpg

ARTISTI: DAVID ADAMO-VAJIKO CHACHKHIANI-KEREN CYTTER-RICCARDO PREVIDI-ANCA MUNTENAU RIMNIC-MATHILDE ROSIER -  24 APRILE  - 24 MAGGIO 2017

Ghenos, Eros e Thanathos (o come lo chiamerebbe Alberto Boatto: GET) è stato probabilmente uno dei progetti più radicali e significativi dell’arte, non solo italiana, dal secondo dopoguerra a oggi. A distanza di quarantatré anni non ha perduto nulla del suo smalto, ha anzi acquisito nuove sfumature e profondità. Il desiderio di Paolo Chiasera, mio e della galleria, di lavorare sull’idea di Boatto nasce proprio da questo: è impossibile ridurre GET a una qualsiasi importanza storica del tempo in cui è stata realizzata, non ha nulla di datato. Nel corso degli anni la mostra e il testo che la accompagnava hanno bensì aumentato il loro portato rivoluzionario, capace ancora oggi di presentarsi come una “pietra oscura”, un “edificio insondabile” e profondo, fastidioso e impossibile da osservare a lungo. Non a caso Boatto lo aveva costruito attorno ai tre semplici mattoni di cui è fatta la natura umana, il momento della nascita, l’eros e la morte, su cui poi viene appoggiato tutto il resto, e in cui la testata d’angolo del suo discorso veniva occupata dal Thanatos. I settanta erano anni di fede radicale in ideologie astruse, lontane dalla realtà e pericolose. Scegliere di fare una mostra così poco politica (intendendo “politica” nel senso più banale del termine) non deve essere stato facile, e immagino le critiche che può aver generato. Oggi viviamo anni di nichilismo peloso e verboso che si riversa anche nel mondo dell’arte, ma il risultato finale è sempre lo stesso: le mostre, le biennali, gli artisti trattano troppo spesso tematiche lontane dalla realtà, dalla tangibilità dei fatti che influenzano direttamente la nostra vita, i nostri corpi, la concretezza dell’esistenza e dei suoi avvenimenti basici. Siamo inondati di trattati su post fordismo, post colonialismo, il design degli anni sessanta, il modernismo degli anni trenta, indagini su spaccati sociali e antropologici; e abbiamo anche il coraggio di lamentarci se il pubblico dell’arte è così misero rispetto a quello degli altri linguaggi. E’ forse allora ancora più rivoluzionario oggi presentare queste tre istanze base, attorno a cui veramente si muovono le nostre vite e rispetto alle quali tutto il resto deve muoversi come funzionale e secondario. Alberto Boatto se ne è andato poco tempo fa, lasciandoci un’ultima testimonianza scritta che accompagna questo progetto di mostra come una guida, una stella. Assieme a questo testo e al libro pubblicato nel 1974, la mostra che lui fece è la base da cui siamo partiti a lavorare con Paolo, e da lui sarà reintegrata quasi fosse una visione magicamente rievocata e riportata in vita in una sua grande installazione che farà da spazio curatoriale e visiva per tutte le altre opere che verranno presentate. Si tratta di lavori di artisti delle ultime generazioni, che condividono lo spirito della mostra del 1974 e che si relazionano con le opere esposte allora, rigenerandole, pervertendole, e mostrando che esiste sempre una nuova vita per l’arte dopo la morte. 

Antonio Grulli

Anca .jpg
9.jpg
2.jpg
2 Chiasera.jpg
5.jpg
performance anca munteau rimic.jpg
performance anca .jpg
Profanation de focherari .jpg
father de foscherari .jpg
3a.jpg
4.jpg
Paolo chaisera .jpg
Anca .jpg 9.jpg 2.jpg 2 Chiasera.jpg 5.jpg performance anca munteau rimic.jpg performance anca .jpg Profanation de focherari .jpg father de foscherari .jpg 3a.jpg 4.jpg Paolo chaisera .jpg

GILBERTO ZORIO ..." LE OPERE OSCILLANO E FLUIDIFICANO DA UN SECOLO AL SUCCESSIVO"...

December 23, 2016 de'Foscherari

TESTO

AGGIUNTIVO

Read More

SOPHIE KO - TERRA GEOGRAFIE TEMPORALI

October 8, 2016 de'Foscherari

TERRA - GEOGRAFIE TEMPORALI   -  8 OTTOBRE - 8 Dicembre  2016

Per la prima volta lo spazio della Galleria deʼ Foscherari di Bologna si apre per ospitare la personale di Sophie Ko Chkheidze (Tbilisi, 1981) artista georgiana che vive e lavora a Milano. La mostra è a cura di Federico Ferrari.
In questa mostra sono presentati i seguenti lavori: L'uomo accende a se stesso una luce nella notte, Atlanti (polittico), Terra (polittico), Kaspar Hauser, Stella polare (trittico).

Tutte le opere esposte sono Geografie temporali (a eccezione di Kaspar Hauser) ovvero quadri fatti di cenere di immagini bruciate o di pigmento puro che costituiscono il momento più intenso della riflessione poetica dell'artista sulle immagini. Lʼintera opera di Sophie Ko è incentrata sul senso delle immagini nella nostra vita e le Geografie temporali per la forza espressiva e per l’essenzialità della potenza figurativa entrano in dialogo con alcuni momenti fondativi della storia (e della pre-istoria) dell'arte.
Abbi cura della (tua) cenere - Le immagini vivono nel tempo, ne sono silenziose testimoni; le immagini scompaiono, ritornano nel tempo e al tempo sopravvivono. Le immagini portano con sé anche un proprio tempo: le immagini parlano del tempo che vivono, ci mostrano la loro scomparsa, la loro coriacea resistenza o addirittura una gloriosa rinascenza nella furia distruttiva della storia. Ma forse ciò che non sappiamo più riconoscere è l'estasi delle immagini, il loro (e con loro, noi) stare al di fuori del tempo. Come scrive Federico Ferrari, «quando tutto nel nostro tempo sembra diventato calcolabile, determinabile, dipendente dalla volontà umana, l'opera d'arte rende al mondo la possibilità che appaia l'ignoto». L'ignoto è elusione al mero funzionamento, immaginazione, azione libera. Lo stupore primordiale dell'uomo davanti all'essere ha nell'immagine la sua espressione più alta. Sotto questo aspetto l'immagine è l'annullamento dei limiti ordinari delle cose per portare alla luce la domanda dinanzi al puro che c'è. Nella nostra epoca tutto è divenuto immagine e proprio per questo noi siamo divenuti i più ciechi e i più incapaci di comprenderne il senso. Nel momento in cui lo spettacolo è allo stesso tempo il progetto e il risultato del sistema di produzione e di comunicazione, le immagini non ci dicono più nulla: semplicemente funzionano. Che cosa resta delle immagini quando se ne è fatto scempio? Cenere e colore. Da qui traggono origine le immagini di Sophie Ko. Così le Geografie temporali sono un ritorno alla domanda originaria dell'uomo dinanzi all'immagine, un retrocedere alla dimensione primordiale ed essenziale del fare immagine, nell'attimo della massima usura delle immagini. Le Geografie temporali sono un insistere sulla essenza delle immagini che da sempre interpella l'artista al di là di ogni linearità temporale della storia dell'arte. Come scrive Federico Ferrari in Finis initium «la cenere è quel che resta, quel che ci resta» di tutta la tradizione di immagini del passato. Le opere in mostra Kaspar Hauser, L'uomo accende a se stesso una luce nella notte, Atlanti, Terra – rispetto al nostro abituale rapporto con le immagini fatto di «nichilismo passivo», di incapacità persino di avere cura delle proprie ceneri – sono una forma di pietas per le immagini e per noi stessi. Una Geografia temporale ci interpella: «Abbi cura della tua cenere».
Oltre la distruzione della vita e delle immagini - È da questa cenere, da questo nulla cui è destinata la vita delle immagini nel nostro tempo che nascono le Geografie temporali, opere che prendono forma dal resto incombusto di immagini, dalla cenere di immagini bruciate. Fuoco e cenere testimoniano della distruzione delle immagini e allo stesso tempo sono ciò che rende possibile oggi l’esistenza stessa dell’immagine. Dal fuoco nascono immagini, la cenere stessa delle immagini diviene il corpo e l’anima di un’immagine non ancora vista, la cui storia non è ancora stata scritta, è anzi appena iniziata. Le Geografie temporali tentano di fermare l’attimo in cui l'immagine del passato continua ancora a bruciare, insiste a voler esprimere un senso, continua a vivere, nonostante il seriale consumo di immagini, a dispetto della loro sistematica consunzione. Il bruciare delle immagini è ciò che porta con sé la vita passata nel presente, è il crescere della vita al di là di ogni distruzione, al di là di ogni tempo. Il fuoco è sia forza distruttiva, sia capacità di resistenza che l’immagine testimonia al prezzo della propria vita. Così le Geografie temporali sono nuove immagini (o immagini da sempre), fatte di forme mutevoli e mobili di ciò che resta delle immagini dopo la loro usura: cenere e colore. La cenere delle immagini bruciate è la fine stessa di un'immagine, ma è anche un nuovo inizio: la materia, il colore tracciano una «iconografia dell’invisto» (Federico Ferrari), l’immagine può donare ancora senso alla vita, una volta che si sia tornati alla dimensione essenziale ed elementare dell’immagine stessa.
Le immagini segnano il tempo - Questa luminosità delle immagini prende vita nelle Geografie temporali che sono in continua impercettibile trasformazione. Le Geografie temporali sono dei segnatempi, sono delle clessidre, simboli cari alle prime nature morte, a ogni vanitas, a ogni memento mori. Con il passar del tempo la composizione del quadro cambia, la cenere o il pigmento cade, il tempo segna il suo passaggio, ma il tempo che una Geografia temporale misura con la sua stessa forza di caduta non è solo il tempo della distruzione, dell’esaurirsi della vita. La simbologia cui l’orologio a polvere rimanda infatti è duplice: da un lato indica l’inesorabile finire della vita, dall’altro concede all’uomo il tempo della meditazione, della profondità, dell’arte, dell’ozio; come cresce la sabbia sul fondo dell’ampolla inferiore, così la vita prende forma nel suo scorrere, nel suo rapportarsi alle forze naturali e non si vanifica. Le Geografie temporali ci mostrano come il tempo perda la durata per acquistare peso. Così il senso dell’immagine non si consuma, e la domanda dell'uomo dinanzi a essa continua a tornare.

 

Sophie ko .jpg
galleria-de-foscherari-shopie-ko-umo-accende-se-stesso_5.jpg
galleria-de-foscherari-shopie-ko-atlanti.jpg
galleria-de-foscherari-shopie-ko-geografie-temporali.jpg
galleria-de-foscherari-shopie-ko-geografie-temporali_2.jpg
galleria-de-foscherari-shopie-ko-geografie-temporali_4.jpg
galleria-de-foscherari-shopie-ko-geografie-temporali_3.jpg
galleria-de-foscherari-shopie-ko-umo-accende-se-stesso_6.jpg
galleria-de-foscherari-shopie-ko-kasparhaures.jpg
Sophie ko .jpg galleria-de-foscherari-shopie-ko-umo-accende-se-stesso_5.jpg galleria-de-foscherari-shopie-ko-atlanti.jpg galleria-de-foscherari-shopie-ko-geografie-temporali.jpg galleria-de-foscherari-shopie-ko-geografie-temporali_2.jpg galleria-de-foscherari-shopie-ko-geografie-temporali_4.jpg galleria-de-foscherari-shopie-ko-geografie-temporali_3.jpg galleria-de-foscherari-shopie-ko-umo-accende-se-stesso_6.jpg galleria-de-foscherari-shopie-ko-kasparhaures.jpg

 

Toccare terra - Terra, è il titolo di questa mostra e le opere esposte appaiono come il tentativo di riportare alla visibilità la terra, di ridarne senso in immagine. Le immagini sono diventate vuote di senso perché non vediamo nemmeno più la terra. Il processo di illimitato ampliamento della ratio tecno-economica è giunto al punto di rendere invisibile proprio la terra stessa che vale ora solo come supporto di tale processo. Nelle opere di Sophie Ko la terra torna a essere ciò che è, uno dei quattro elementi del cosmo, il fondamento della nostra vita. Siamo accolti nella prima sala dalla Geografia temporale intitolata L'uomo accende a se stesso una luce nella notte, frammento eracliteo che ci invita a riconoscere la luminosità dell'immagine (e della nostra anima) nel grigio-nero della cenere di immagini bruciate. Nel prendere forma della cenere L'uomo accende a se stesso una luce nella notte mette in scena il rapporto tra tempo e immagine fatto di pressione e di distruzione del tempo sulle immagini, ma anche di formazione, profondità, rinascita delle immagini rispetto alla furia distruttrice del tempo. La Geografia temporale mette dinanzi ai nostri occhi che l'immagine non soltanto subisce il tempo, ma segna il tempo, lo porta a una forma, dà un senso e una direzione al nostro sguardo su questa terra. Le cinque Geografie temporali di cui si compone Atlanti fanno apparire dinanzi a noi la terra come grandi scogli che paiono dialogare con La scogliera sulla costa di Caspar David Friedrich: siamo giunti al limite della terra e solo ora la terra torna visibile come luogo da raggiungere, come scabra terra promessa, che chiede di essere abitata. Nell'azzurra lontananza degli scogli misuriamo la distanza che ci separa da essa. Nella sala delle tredici Geografie temporali di Terra siamo avvolti nella profondità della terra: procediamo immersi nella terra, come il cavaliere düreriano non possiamo più guardare dall'alto in basso le radici degli alberi, perché ora sono all'altezza della nostra testa. Torniamo a vedere la terra perché siamo sprofondati dentro di lei, ci troviamo nel fondo di un sepolcro. La terra ora ci si mostra non tanto grazie alla sua lontananza sublime, ma perché siamo avvolti in lei: «Terra sei e terra tornerai». A noi è lasciata la possibilità di costruire un nostro viaggio che iniziando dentro la terra, passo dopo passo, ci riporti alla luce, alla Gerusalemme celeste, meta del cavaliere di Dürer. Il riconoscimento della terra è al centro anche dell'acquerello Kaspar Hauser, l'unica opera in mostra in cui la dimensione figurativa della mano torna al centro dell'immagine. La figura mitica di Kaspar Hauser è il simbolo della esistenza umana: un viaggio incerto nella vita come quello di Kaspar si trasfigura nell'uomo su una piccola imbarcazione, che avvolto dal bianco, in silenzio si muove alla ricerca della propria terra. La terra non è ancora visibile, ma è quella la direzione del viaggio. Nella figura di Kaspar Kauser si riflette il movimento ellittico della vita umana: per ogni uomo, come scrive Georg Trakl, «un bene e un male sono preparati». 

PIERO MANAI - LUIGI PRESICCE - AUTORITRATTO CON MASCHERE 1899 -

March 22, 2016 de'Foscherari

AUTORITRATTO CON MASCHERE  - 31 MARZO 2016 - 30 giugno 2016

a cura di:  Antonio Grulli

La Galleria de' Foscherari è lieta di annunciare la mostra Piero Manai - Luigi Presicce, Autoritratto con maschere 1899, che inaugurerà giovedì 31 marzo alle ore 18:30. La mostra mette in dialogo il lavoro di due artisti di generazioni differenti come Piero Manai (Bologna 1951-1988) e Luigi Presicce (Porto Cesareo 1976 - vive tra Porto Cesareo e Firenze). Lo spunto iniziale del progetto è il dipinto del 1899 di James Ensor Autoritratto con maschere, che entrambi gli artisti hanno utilizzato come riferimento per un loro lavoro. Manai in un momento cruciale della sua vita si relaziona con l’opera del maestro belga ridisegnando le oltre cinquanta maschere in altrettanti frammenti di carta intelata. Presicce invece attinge all’iconografia del dipinto per uno dei suoi tableaux vivant. L’opera di Ensor è inoltre indicativa del percorso dei due artisti in mostra, accomunati da una ricerca incentrata sull’utilizzo del corpo come momento di introspezione personale e come materiale di creazione artistica. Corpo che diventa elemento centrale di un teatro fatto di scomposizioni e rielaborazioni anatomiche, continue messe in scena, fonte di allegorie e simboli che talvolta alludono al nostro rapporto con la morte. Mentre l’opera di Piero Manai è rimasta quasi sempre all’interno della pratica del disegno e del dipinto, Luigi Presicce spazia abbracciando anche la scultura e la performance. Ma per entrambi è cruciale il rapporto con la fotografia (e il video nel caso di Presicce), nel primo come suggestione iniziale per la creazione del lavoro, mentre nel secondo soprattutto come opera finale in cui spesso ricadono e confluiscono le sue azioni performative e i suoi tableaux vivant. Oltre ai due lavori legati al dipinto di Ensor saranno in mostra una serie di altre opere, realizzate in differenti linguaggi, che metteranno a confronto, facendoli dialogare, i due artisti. 

presicce de foscherari.jpg
_DSC9619.jpg
manai presicce defoscherari 1.jpg
presicce de foscherari 1.jpg
de foscherari manai .jpg
piero manai de foscherari.jpg
manai de foscherari .jpg
presicce manai de foscherari.jpg
_DSC9650.jpg
presicce de foscherari.jpg _DSC9619.jpg manai presicce defoscherari 1.jpg presicce de foscherari 1.jpg de foscherari manai .jpg piero manai de foscherari.jpg manai de foscherari .jpg presicce manai de foscherari.jpg _DSC9650.jpg
← Newer Posts Older Posts →

galleria de' foscherari © 2025 - p.i. 03746371206