CINEMA IN GALLERIA

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La Galleria de'Foscherari, sempre in stretta collaborazione con la Cineteca di Bologna, riprende l'attività dedicata all'arte cinematografica nell'intreccio che, nella sua storia, ha intrattenuto con le arti figurative.

Dopo il cinema espressionista e surrealista, presentati nella scorsa stagione, è la volta della cinematografia astratta, dadaista e futurista, completando così il percorso del cinema nell'epoca delle Avanguardie storiche.

Le Avanguardie, infatti, con il carattere ad esse connaturato della interartisticità, superano la distinzione tra le arti e, in particolare, fanno del cinema un'articolazione della pittura facendolo coincidere in alcuni determinati momenti con le arti figurative.

Il ciclo avrà inizio con il cinema astratto giovedì 19 dicembre alle ore 18, presso la Galleria de'Foscherari per concludersi con il futurismo  al Cinema Lumière, dove verrà proiettato il famoso “L'inhumaine”, di Marcel L'Herbier, distribuito all'epoca in Italia con il titolo di Futurismo.

CINEMA ASTRATTO GIOVEDI 19 DICEMBRE 2013 - ORE 18.00

GALLERIA DE'FOSCHERARI
V. EGGELIN : Sinfonia diagonale ( 1923-25)H. RICHTER: Rithmus 21,23 (1921 -23)W. RUTTMANN:Opus 1,2,3,4 (1923-26)F. LEGER: Le ballet macanique (1924)


CINEMA DADAISTA  GIOVEDI 9 GENNAIO 2014 - ORE 18.00

GALLERIA DE'FOSCHERARI
M. DUCHAMP : Anemic CinemaH. RICHTER: Fantasmi del mattino - FilmstudieR. CLAIR : Entr'acte


CINEMA FUTURISTA GIOVEDI 16 GENNAIO 2014 – ORE 18.00

GALLERIA DE'FOSCHERARI
D. VERTOV :L'uomo con la macchina da presa
GIOVEDI 23 GENNAIO 2014 – ORE 17.30

CINEMA LUMIERE
M .HERBIER : L'Inhumaine

Pier Paolo Calzolari

Cà Pesaro - Galleria Internazionale d'Arte Moderna Venezia- 4 Giugno - 30 Ottobre 2011

a mostra - ideata da Pier Paolo Calzolari, con Silvio Fuso e Daniela Ferretti e co-organizzata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dalla Fondazione Calzolari - presenta nell’androne longheniano e il secondo piano di Ca’ Pesaro 25 opere dell’artista, realizzate tra il 1968 e oggi. Di fronte alla facciata del Museo, tra le acque del Canal Grande, sarà inoltre collocata la scultura Struttura ghiacciante del 1990.

La mostra offre una rara opportunità di osservare la pluralità dell’opera di Calzolari e la sua capacità di coniugare i linguaggi formali più diversi. Catalogo Gli Ori, con testi critici di Massimiliano Gioni e Denys Zacharopoulos e la documentazione fotografica completa delle opere esposte. Dai primi lavori attorno al 1965 fino ad oggi Calzolari ha seguito un processo di ricerca complesso sotto il segno del pluralismo, evitando ogni forma di ripetizione che non fosse legata alle esigenze del reale. Per la continua capacità di rigenerarsi negli oltre quarant’anni della sua carriera è oggi considerato uno degli artisti più inventivi e vivaci della sua generazione. Nato nel 1943, Calzolari realizza nel 1966-67 l’opera-performance Il filtro e benvenuto all’angelo nel suo studio di Palazzo Bentivoglio a Bologna ed è fra gli artisti che espongono al “Deposito d’Arte Presente” di Torino in una delle iniziative inaugurali dell’Arte Povera. Nel 1969 partecipa alla rassegna di Berna When Attitudes become Form. Nascono in questi anni le sue prime sculture ghiaccianti e il lavoro intitolato la Casa ideale che riunisce opere di tipologie diverse che l’artista realizza fattivamente a partire da un suo testo scritto con valore programmatico. La prossimità con gli altri artisti dell’Arte Povera si manifesta nell’esigenza affermata da Calzolari di un’orizzontalità d’ispirazione francescana che porta a una rielaborazione dei rapporti fra arte, esistente, e natura. L’utilizzazione di materiali poveri – come foglie di tabacco, margarina, petali dell’albero di Giuda, muschio, piombo, ghiaccio, neon dalla luce evanescente – testimoniano il desiderio di duttilità non convenzionale dell’artista la cui purezza espressiva e formale è sempre legata al passaggio del tempo e al processo di trasformazione della materia.

A volte conservatrice ma spesso irriverente, intimamente attenta alla disciplina dell’arte ma capace d’ironia, l’opera di Calzolari si è nutrita dal temperamento nomade dell’artista i cui continui spostamenti tra grandi città, o località più remote, hanno generato una visione dell’arte come luogo di trasformazione o di mutamento dalla pittura alla scultura, dalle performance alla danza, dalle istallazioni ai video. Da ormai venticinque anni l’artista si è appartato nel Montefeltro dove prosegue la sua ricerca.

La mostra di Ca’ Pesaro permette di percorrere con rapidi sguardi l’avventura di un artista scontroso ma attentissimo al palpitare della storia, passando dai lievissimi tracciati luminosi ai più recenti e stupefacenti sali neri combusti.

Bologna si rivela - Giovedì 21 Gennaio 2010

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San Giorgio in Poggiale - Bologna - Claudio Parmiggiani - Scultura d'ombra ​

Giovedì 21 gennaio 2010, alle ore 18, presso la chiesa di San Giorgio in Poggiale a Bologna, ora Biblioteca d’Arte e di Storia, si inaugura l’opera permanente di Claudio Parmiggiani, promossa e sostenuta dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e con la collaborazione della Galleria de’ Foscherari, Bologna

La Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, rinnovando un’antica ma ormai rara tradizione di committenza pubblica, con questo nuovo e ambizioso progetto porta a compimento la decorazione artistica di questa importante biblioteca della città. Nello spazio della chiesa di San Giorgio che ha mantenuto intatte le sue antiche e luminose strutture – valorizzate da un sapiente e discreto restauro conservativo – l’opera di Claudio Parmiggiani, di imponenti dimensioni, si inserisce quasi per via naturale nelle tre specchiature concave dell’abside, a formare con l’altra sua opera Campo dei Fiori, già presente sull’altare maggiore, un’unità poetica e altamente simbolica.

Dipinto dal fuoco e dal nerofumo nei tre grandi riquadri del coro, lo straordinario ‘affresco’ appositamente concepito da Claudio Parmiggiani per l’abside della chiesa di San Giorgio in Poggiale a Bologna, è un commentario sull’assenza e sul tempo. Realizzata tecnicamente attraverso una messa in opera vertiginosa, l’opera, monumentale inno alla sacralità della parola, si mostra come il risultato silente di una sconvolgente tragedia. Di una antica, metaforica biblioteca restano in quello spazio le ombre e un’aureola di cenere, materia penitenziale. La traccia ancora visibile della fiamma che quei libri ha lambito, è impressa come stimmate nel corpo dell’edificio e si impone nello sguardo dell’osservatore, quasi tragica allegoria della ferita che il luogo ha ricevuto nel suo passato. Il risultato ottenuto, magistrale e impressionante, a metà strada tra il fisico e lo psichico, è di una grande intensità poetica e costringe a riannodare i fili di una memoria suggerendo una differente percezione del tempo e dello spazio. Luogo di cenere e di ombre e anche parola che rinasce dalla sua cenere.

«Più niente, restava il soffio» scrive Mallarmè in Igitur. Più niente, più nessun abitante, più nessun oggetto, solo la luce, l’alito creatore, visibili nella loro fragile impronta di polvere. L’aria, il respiro, l’incorporeo, l’immateriale sono la materia sublimata, il medium stesso di questa opera. Illusione e allusione. La lingua fluttuante della fiamma ancora visibile nell’impronta di ogni libro, «lo maggior corno della fiamma antica» diviene qui ulteriore metafora, introducendo ad un supremo, luminoso grado della lingua. Preghiera, sentimento di una totalità perduta.